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La voce profetica di Giovanni Franzoni

by CCB Europe

Giovanni Franzoni, una delle personalità più coraggiose della Chiesa italiana, punito dalle gerarchie ecclesiastiche per aver difeso la libertà di coscienza e di voto politico, è morto ieri – presso Roma – all’età di ottantotto anni.

Nato nel 1928  in Bulgaria (dove i genitori si trovavano per lavoro), crebbe a Firenze. Fattosi benedettino, nel 1964 fu eletto abate della basilica di san Paolo fuori le Mura, e dunque anche capo dell’annesso monastero. In quanto tale partecipò come “padre” alle ultime due sessioni del Vaticano II. Nel post-Concilio  si impegnò per aiutare la Chiesa romana ad essere coerente con quanto aveva appena affermato nella Grande Assemblea. Nel 1973, con la lettera pastorale “La terra è di Dio”, denunciò le compromissioni vaticane con la speculazione edilizia a Roma; fu perciò, di fatto, costretto a dimettersi da abate. Lasciò la basilica e – con un folto gruppo di fedeli che lo avevano sempre sostenuto – fondò la Comunità cristiana di base di san Paolo. Nel ‘74 si batté per affermare la libertà di coscienza nel referendum sulla legge del divorzio; ma, siccome i vertici della Conferenza episcopale italiana si erano impegnati per il “sì” all’abrogazione di quella normativa, per punizione Franzoni fu “sospeso a divinis”. E, dopo che, nel ‘76, dichiarò che alle elezioni politiche del giugno di quell’anno avrebbe votato PCI, fu ridotto allo stato laicale.

Egli, insieme alla Comunità di san Paolo, continuò però le sue battaglie, a favore del pluralismo politico dei cattolici in Italia. Sul fronte internazionale, ebbe molto a cuore i drammi del Medio Oriente, sperando in una pace nella giustizia tra israeliani e palestinesi; e, con l’America latina, fu vicino ai teologi della liberazione. Ha scritto diversi libri di carattere teologico e biblico, ma sempre agganciati a temi “caldi”. La sua prassi di comunità – che mette in questione il concetto di “sacerdozio”, insistendo invece su quello di “ministero” (servizio) all’interno del “popolo di Dio” – ha aperto prospettive finora non accolte dall’ufficialità cattolica. Un altro tema di riflessione caro a Franzoni fu quello del fine-vita. Quando il cardinale Ruini negò i funerali in chiesa di Piergiorgio Welby, invitò la sua sposa a un’Eucaristia nella Comunità di san Paolo.

Negli ultimi mesi si era incontrato con l’attuale abate di san Paolo, don Roberto Dotta: tra i due era nata un’amicizia – della quale papa Francesco era perfettamente al corrente – che, forse, avrebbe potuto avere sviluppi non scontati. Ma sorella morte ha portato via Franzoni prima che l’establishment ecclesiastico trovasse il coraggio di scusarsi delle molte sofferenze inflitte ad un profeta che, nelle sue scelte concrete e nei suoi scritti ha indicato una Chiesa mite, orientata dalla parte degli ultimi, rispettosa della libertà umana, ricca solo di Vangelo, compagna di cammino di tutte le persone di buona volontà, e audace: perché “Ecclesia semper reformanda”, la Chiesa deve sempre essere in stato di riforma.

 Luigi Sandri

(dal Trentino – quotidiano di Trento – 14 luglio 2017)

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